Il Teatro Mario Foglietti

di Sergio Dragone:

Il Politeama di Catanzaro è il più giovane tra i grandi teatri italiani. Ma la sua fresca ed esaltante esperienza affonda le radici nell’antica tradizione teatrale cittadina che ebbe nel Teatro Real Francesco, poi Teatro Comunale, il suo cuore pulsante, schiantato dal piccone demolitore nei primi mesi del 1938, dopo 108 anni di vita.

“Ed ora ? Ora ti rompi, ti sfaldi, ti sfasci, ti distruggi. E certo in ogni rumore che fai, in ogni cigolio con cui ti scardini, in ogni stridore con cui ti spezzi, in ogni colpo con cui parte di te cade su te stesso, tu dici, tu ripeti qualche cosa della tua vita secolare. E noi, passando, ti guardiamo con rammarico, con rimpianto, con pianto”.

È, forse, il passo più struggente della lirica di Giuseppe Casalinuovo, avvocato e poeta, dedicata a quell’evento, così forte e cruento, destinato a segnare negativamente la vita culturale della Città per i successivi sessanta anni. Un evento che, toccando direttamente un simbolo, sia pur decadente, dell’identità cittadina, inevitabilmente divise a metà l’opinione pubblica, contrapponendo i fautori della modernità ad ogni costo ai difensori della tradizione. Due esempi.

La Giovine Calabria del 26 febbraio 1938: abbiamo salutato già in precedenza con calore e soddisfazione i colpi di piccone che ne hanno iniziato la demolizione. Senza rimpianti o sentimentalismi fuori luogo, ma anzi con entusiasmo, perché abbiamo sostenuto per vario tempo la necessità di abbattere il vecchio teatro.

Giovanni Patari in “Catanzaro d’altri tempi”: assisto con melanconico sguardo al lento trasparire del vecchio, secolare edificio E la piazza ampia che, sparito il teatro e le case vicine, ne verrà, certo sarà più bella e assolata, nuovi edifici che ad essa faranno da cornice, saranno magnifici nella loro scheletrica linea dallo stile ‘900. Sarà di sicuro questo stile più armonioso architettonicamente, ma, senza che io posi a laudatore brontolone del tempo passato, con lo sparire del vecchio teatro, sento che finisce qualche cosa che mi appartiene; un insieme della mia vita non breve ormai vissuta. E, in effetti, il vecchio Teatro Comunale o Teatro Real Francesco, ridotta imitazione architettonica del Teatro San Carlo di Napoli e quindi ribattezzato col nomignolo di Sancarlino – per oltre un secolo (1830-1938) aveva rappresentato il tempio della cultura cittadina. Realizzato su progetto di Vincenzo De Grazia, l’edificio venne inaugurato nel dicembre del 1830 con la rappresentazione della Serva Padrona di Pergolesi. Sul palcoscenico catanzarese furono rappresentate, nell’arco della sua lunga vita, le opere liriche dei maggiori compositori italiani, da Donizetti a Bellini, da Verdi a Puccini, da Mascagni a Leoncavallo, e stranieri, da Bizet a Gounod, da Meyerbeer a Thomas.

Vi recitarono le migliori compagnie italiane di prosa e gli attori più a la page, soprattutto nei primi anni del Novecento: Giovanni Emanuel, Ermete Novelli, Ermete Zacconi, Annibale Ninchi, Carlo Titta, Nello Montagna, tutti nomi entrati di diritto nella storia del teatro italiano. Nel novembre del 1913, il Comunale di Catanzaro ospitò un evento eccezionale, per quei tempi: la serata futurista , con la partecipazione del caposcuola di quel movimento artistico-ideologico, Filippo Tommaso Marinetti, che tenne una conferenza, seguita dalla rappresentazione della commedia, da lui stesso scritta, “Elettricità”. Prevalse, nella disputa, la scelta politica e il cadente Teatro Comunale venne inesorabilmente abbattuto (lo stesso accadrà negli anni Settanta con la “strettoia” di corso Mazzini) per fare posto a edifici più belli e moderni.

Intanto, cresceva il ruolo del cine-teatro Politeama Italia, uno dei primi edifici in cemento armato, che nel 1930 ospitò una piccola, ma significativa stagione lirica, in cui venne rappresentata anche l’ Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, alla presenza dell’autore. Catanzaro dovette attendere più di sessanta anni dalla demolizione del Sancarlino per riavere un suo teatro pubblico. La lunga ferita è stata sanata dal nuovo Teatro Politeama, creatura prediletta di Paolo Portoghesi, uno dei maestri dell’architettura contemporanea. Il Teatro Lirico di Catanzaro (così ama definirlo il maestro) è un edificio dalla struttura rigorosa e compatta, articolato nelle tre sezioni funzionali del foyer, della sala e della torre scenica.

Nella creazione di Portoghesi , che già aveva portato avanti una profonda ricerca sui manufatti per lo spettacolo (si pensi ai progetti di concorso per il Lirico di Cagliari o per il “Puccini” di Torre del Lago), c’è un proliferare di richiami al mondo biologico e botanico, di elementi dell’architettura classica e frammenti di sperimentazioni avanguardistiche. Se si volesse individuare un tema architettonico prevalente nel Politeama di Catanzaro, la mente correrebbe alla rappresentazione trasfigurata del corpo umano lanciato nel gesto di un abbraccio ( o di un granchio che tende le sue chele) creata dall’insieme della facciata e della cupola.

D’altronde, Portoghesi non ha mai fatto mistero di riconoscersi nella natura e nelle sue forme, tanto da avere codificato questa sua visione nel saggio Natura e Architettura del 1998. E così, nel teatro catanzarese, troviamo una moltitudine di segni e metafore: l’albero, il cielo, l’acqua, il vento, le stelle, la stessa, scenografica conchiglia che chiude in alto la sala. Il Politeama è anche e soprattutto “casa del suono”, con l’utilizzazione delle forme di strumenti classici come la lira o il violino per le balconate e il richiamo, nei disegni delle stoffe, al misterioso rapporto tra numeri e musica. La struttura del teatro ruota, come detto, intorno alla sala a forma di ferro di cavallo. L’architetto si è attenuto, sotto questo aspetto, alla tradizione del teatro classico all’italiana. E così il parterre, che contiene ordini di posti per 380 spettatori, segue un movimento ondulatorio su una superficie quasi concava. Lungo la linea curva della sala, si affacciano i cinque ordini di palchi, decorati da stelle a sette punte (anche questo è un simbolo musicale) e che possono ospitare altri 550 spettatori. Il palcoscenico , con le sue ampie dimensioni e le sue dotazioni tecnologiche, consente lo svolgimento dei vari generi di spettacolo, dalla grande lirica alla sinfonica, dalla danza all’operetta, dalla prosa al musical.

Il Politeama, dunque, risarcisce la città di una pesante perdita. Catanzaro e il suo teatro pubblico hanno ripreso a camminare insieme, verso il futuro, nell’indimenticabile serata del 29 novembre del 2002, sulle ali del Và Pensiero.